giovedì 27 novembre 2008
Carissimi diocesani,
desidero fare giungere a tutti voi, a tutte le comunità della nostra amata Diocesi, qualche pensiero sull’Avvento che inizieremo domenica 30 novembre.
L’Avvento ed il Natale costituiscono un tempo ricco di celebrazioni, ma molto breve: appena cominciato è già finito! Il suo significato rischia di non essere compreso adeguatamente. Le parole, i gesti, i riti e le tradizioni –molto numerosi e vari- suscitano certamente stati d’animo intensi a cui nessuno sa sottrarsi, ma toccano spesso solo la superficie. Qualcuno chiama in causa la secolarizzazione…
I testi della liturgia di Avvento sembrano ruotare attorno ad un annunzio: “la vostra liberazione è vicina”, da qui sgorgano due esortazioni: “levate il capo” e “vegliate e pregate perché abbiate la forza”. E anche nel tempo di Avvento –come ogni domenica- la comunità radunata per celebrare l’Eucaristia proclama: Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
L’esperienza dell’attesa presuppone una venuta, un arrivo: un “avvento”; tale è il senso umano e cristiano del tempo liturgico nel quale stiamo entrando.
Il desiderio della libertà, che è insito nell’uomo, troppe volte si traduce in un vano tentativo di ricerca egoistica che genera frustrazioni, delusioni, traumi deleteri… La libertà vissuta in modo assoluto ed assolutizzante uccide l’uomo e lo rende schiavo di se stesso.
Il cristiano ha, fra i tratti costitutivi della sua fisionomia, una capacità ed una tensione definibile come “attesa”. E’ la natura stessa della fede che esige la capacità di attesa, perché il cristiano sa bene che non possiede già pienamente e totalmente Colui in cui crede; il cristiano vive nell’attesa del completo e definitivo svelarsi e donarsi dell’Atteso. E l’attesa, se non vuole essere insensata, esige Qualcuno atteso, Qualcuno che finalmente viene, si fa incontrare… In questo senso l’attesa si trasforma in un andare incontro, in un tenersi pronti, vigilanti, desti. L’attesa viene vissuta come un movimento, un dinamismo, un’ansia gioiosa, in un esercizio della vera libertà…
Ma c’è davvero qualcosa o Qualcuno che vale la pena di attendere, di cercare? Qualcuno a cui meriti di andare incontro, verso cui tendere con tutta la mente e con tutto il cuore?
Carissimi, e se vivessimo il tempo di Avvento come occasione propizia per aiutarci a rispondere in maniera semplice e concreta a questi interrogativi? Se trasformassimo l’Avvento in un tempo in cui l’attesa diventa ascolto? Sì, ascolto di Dio e della sua Parola; ascolto dei fratelli e delle sorelle, perché è in ciascuno di loro che possiamo davvero incontrare, conoscere e riconoscere Lui che a Natale “nasce” dentro alla nostra quotidiana storia…
Buon cammino di Avvento! A tutti!
Alceste Catella, vescovo
(© "La Vita Casalese", giovedì 27 novembre 2008)
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