CRISTO HA VINTO LA MORTE
Invito del Vescovo Mons. Catella a vivere la speranza

giovedì 29 ottobre 2009

da www.vitacasalese.it

Nel tardo autunno, dopo tutti i raccolti, dopo tutte le mietiture, nelle nostre chiese siamo invitati a contemplare la messe di tutte le vite ritornate al Signore, la raccolta di tutti i frutti maturi: è la festa dei Santi, davvero un glorioso autunno! Forse quella della santità ci appare una realtà estranea, senza cittadinanza tra noi oggi. Forse pensiamo a questi strani, remoti esseri come a gente che ha compiuto strane e remote imprese: strane, dico, a confronto con la nostra sensibilità; remote a fronte dell’odierno orizzonte entro cui siamo abituati a situare la vita. In realtà, questa ricorrenza può aiutarci a percorrere certi sentieri tutt’altro che ovvii, probabilmente controcorrente, capaci –mi sembra- di allargare quegli orizzonti a cui sopra accennavo. Il santo è un figlio di Dio: ha vissuto la propria esistenza non ponendo se stesso al centro; quella di un santo appare esistenza “centrata” proprio perché il centro è rintracciato per la via del lasciare a Dio il primato. Sostanzialmente il santo è uno che si lascia amare da Dio fino in fondo, financo in quella drammatica, ma vittoriosa misura che è stata quella di Gesù. È santo uno che –proprio perché si lascia includere entro lo sconfinato e concretissimo orizzonte di un Dio che è Padre- vive la vita come “risposta”, come “relazione”. Il santo è un amico di Dio; un amico che ci narra “quanto ha di più caro”: Dio e il suo inesausto amore. Il santo non è uno già arrivato, già maturo: si trova in cammino verso il pieno svelarsi del rapporto d’amore che il Padre intrattiene con lui. È santo uno che non accetta di ripiegarsi, di lamentarsi, di rimpiangere, di evadere… Vive la speranza: vive la condizione filiale (che è il tutto della vita cristiana) riguardo all’avvenire; trasforma, dunque, la sua esistenza in “vigilanza”, senza afflosciarsi sul presente, senza lasciarsi imprigionare dalle banalità quotidiane. Celebrare i santi è respingere ogni solitudine, ogni isolamento: è raccogliere l’esperienza di Dio fatta dai suoi figli, dai suoi amici, e questo è indispensabile per essere uomini e credenti perché dall’ascolto nasce la conoscenza e dalla conoscenza l’amore. A questo è chiamato l’uomo: questa è la grazia e questa è la gloria che l’universo attende. Poi viene il due novembre che ci reca il ricordo di tutti i defunti… La morte! La fede cristiana non rifugge dal porsi davanti a questa realtà: integra la morte nell’esperienza della vita, per affrontarla con atteggiamenti di fede e di speranza; questo non con intento banalmente consolatorio ma come appello ad ingaggiare la lotta contro il male che è già stato riscattato dalla redenzione di Cristo. Cristo non ha ignorato la morte; anzi ne ha fatto il punto di forza per attuare la salvezza e comunicarci la vita. Egli non ci rende esenti dalla morte, così come non fu esente lui stesso, ma ce la sperimentare come evento positivo di speranza che anch’egli ha vissuto.
+ Alceste Catella, vescovo

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