Francesco Mombello ordinato diacono.
L'Omelia di Mons. Catella

sabato 4 gennaio 2014

Mons. Alceste Catella ha presieduto, nel pomeriggio, la Celebrazione Eucaristica nella Solennità della Dedicazione della Cattedrale nella quale si è anche fatto memoria di Mons. Carlo Cavalla - vescovo Emerito della Diocesi monferrina - nel quindicesimo anniversario della morte.

Alla presenza dell'Urna contenente le reliquie di San Giovanni Bosco, Mons. Catella ha ordinato diacono Francesco Mombello, della parrocchia di Villanova Monferrato, alunno del Seminario Interdiocesano.

Pubblichiamo il testo integrale dell'Omelia di Mons. Alceste Catella.


Carissimi,

sono diversi e tutti importanti i motivi che vedono qui radunata la Chiesa casalese. Facciamo oggi memoria della dedicazione della nostra splendida cattedrale: nel gennaio del 1107 (novecentosette anni or sono) il papa Pasquale II la consacrava, la offriva a Dio e la offriva al popolo di Dio quale spazio felice per l’incontro: l’incontro con Dio e l’incontro tra fratelli; quale luogo aperto verso la città, perché fosse casa di tuttiPercorrendo con lo sguardo dell’affetto la navata della cattedrale, vediamo venirci incontro la buona e cara immagine paterna del vescovo Carlo: da quindici anni egli continua, dal cielo, ad amare questa chiesa e ad intercedere per essa. E poi, carissimi, la presenza qui dell’urna di S. Giovanni Bosco; quale commozione avvertiamo mentre ripetiamo con devota gratitudine: don Bosco è qui!

Carissimo Francesco, vedi in quale contesto caro e solenne, celebriamo oggi la tua ordinazione diaconale che è momento gioioso per te ed è momento assai significativo per la nostra diocesi. Carissimo, accogli il mio commosso saluto che estendo ai tuoi genitori, ai tuoi familiari, ai tuoi parenti, ai tuoi amici; questa assemblea che ti circonda esprime la fede, la preghiera, l’affetto, la speranza di tutta la nostra diocesi. Un ringraziamento grande a quanti sono intervenuti nella tua formazione: i parroci don Mario Fornaro e don Giorgio Bertola ed i formatori del Seminario Interdiocesano di Betania di Valmadonna.

Dedicazione della Cattedrale: dedicazione di questa realtà concreta che è la nostra Cattedrale, il tempio di Dio, ma che significato ha il tempio di Dio? Per che cosa ci si trova in un tempio materiale? Credo che il primo motivo sia perché esso - proprio nella sua materialità - ci riporta alla concretezza della fede cristiana che è fede in un Dio fatto uomo, in un Dio che accetta di essere di un tempo e di un luogo per incontrare gli uomini che proprio di un tempo e di un luogo hanno bisogno per edificare la loro storia e poi per imparare che l’uomo è realtà che non si realizza in pienezza se non nella dimensione della relazione, del rapporto, dell’incontro Colui che qui vuole abitare, qui convoca tutti per renderci popolo, per liberarci dalla solitudine e dalla dispersione che disgrega…
E la parola di Gesù rivolta a Zaccheo che gli apre il cuore e la casa dischiude orizzonti nuovi: c’è bisogno di tempo e di spazio per incontrare ed incontrarci e questo tempo e questo spazio è il Signore Gesù; incontrare lui, incontrarci in lui è scoprire la pietra fondamentale che saldamente ci ancora e ci unisce.
Ancora: il luogo ove ci troviamo si chiama chiesa non per altro se non perché è l’immagine della comunità che in essa si raduna: è il popolo convocato la chiesa; il popolo convocato è a pieno titolo la chiesa ove il Risorto è presente e tramite il suo Spirito compartisce e dona i diversi carismi, le diverse vocazioni i diversi ministeri, perché tutta la costruzione possa crescere ben ordinata…

Ed uno di questi ministeri è proprio quello a cui oggi viene chiamato il nostro caro Francesco: il diaconato conferito, ricevuto ed esercitato, nella Chiesa e per la Chiesa, come vocazione cui rispondere con totalità e pienezza. Il “diacono” impersona in modalità perspicua la natura “diaconale” (ovvero di “servizio”) che è la vocazione più autentica di tutta la Chiesa e di ognuno nella Chiesa; dato che il Figlio di Dio fatto uomo - Gesù Cristo - altri non è che il “Santo Servo Gesù”, come lo ha compreso e “definito” la riflessione di fede e la prassi orante delle prime comunità cristiane.

Permetti, carissimo Francesco, che ora mi rivolga in particolare a te ed insieme a te ricordare chi è il diacono. Tu vieni oggi ordinato per essere di aiuto al vescovo e al presbiterio nel ministero della parola, dell’altare e della carità, mettendoti al servizio di tutti i fratelli.
Divenuto ministro dell’altare, annunzierai il vangelo, avrai il compito di esortare ed istruire i fedeli nella predicazione della Parola; amministrerai il Battesimo, assisterai e benedirai il Matrimonio, presiederai il rito delle Esequie.
Consacrato con l’imposizione delle mani ed unito più strettamente all’altare, eserciterai il ministero della carità.
Questi compiti, come ben puoi capire, o carissimo, esigono una dedizione totale, perché il popolo di Dio possa riconoscerti quale vero discepolo di Cristo che è venuto per servire, non per essere servito.
Proprio in questa prospettiva, hai liberamente scelto di consacrare il tuo celibato per farne segno e richiamo alla carità pastorale, sorgente di fecondità spirituale nel mondo. Vivi questo dono e questo impegno con gioia, sapendo che proprio aderendo al Signore con cuore indiviso, sarai pienamente libero di servire; di dedicarti senza alibi e senza riserve al servizio di Dio e dei fratelli.

Ascoltiamo ora, o carissimi, alcune parole di S. Giovanni Bosco. Parlando in occasione dell’inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a Mare, così si esprimeva: “Quando ci presenteremo al tribunale del Giudice supremo per dar conto delle azioni della vita, la prima cosa che amorevolmente ci ricorderà non sono le case fabbricate, i risparmi fatti, le ricchezze procacciate; di ciò non farà parola, ma unicamente dirà: Venite benedetti dal Padre mio celeste, venite al possesso del regno che vi sta preparando. Io avevo fame e voi nella persona dei poveri mi avete dato pane; avevo sete e voi mi deste da bere; io ero nudo, voi mi avete vestito; ero in mezzo d’una strada, e voi mi avete dato ricovero…”.

Sì, carissimo Francesco, il “servizio” è il compito del diacono; nel “servizio” sta il senso più intimo e vero di ogni carisma, di ogni esistenza cristiana.

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