Possiamo lamentarci di Dio ?

mercoledì 17 settembre 2008


Pubblicato su "Ecce Mater Tua" - Oftalinforma numero di settembre 2008

Carissimi amici dell’Oftal, carissimi ammalati,
vi raggiungo nelle vostre case, condividendo con voi una riflessione che mi offre sempre molto conforto e che ci è donata dalla preghiera dei Salmi.
Nel Salmo 73 leggiamo questa affermazione: “Dio è buono con i retti e con i puri di cuore”. Affermazione a cui certamente noi prestiamo il nostro assenso, siamo convinti, siamo certi che è così. Ma il fatto di avere questa forte convinzione, questa chiara fede, nel fatto che Dio è buono con i retti e con i puri di cuore, non significa che noi non possiamo, anzi direi, non dobbiamo anche interrogarci e farci delle domande.
E delle domande che non debbono spaventarci, se nel loro emergere dal cuore, dalla mente, se nel loro formalizzarsi, esprimersi, possono sembrare anche domande forti, domande potremmo dire impertinenti rivolte a Dio. Non dobbiamo sorprenderci di questo. E’ la forza della fede che porta a lamentarsi con Dio. Vorrei dire di più a lamentarsi di Dio. Se Dio fosse una sedia, un oggetto, una statuina da mettere sul comò, attorno a cui mettere i pizzetti e i fiorellini, non mi interesserebbe niente perché vorrebbe dire che la mia vita non è in un rapporto vero con lui. Ma se Dio è davvero Qualcuno, non una idea, non una statua, non una devozione, ma è Qualcuno che c’è dentro alla mia vita, con cui la mia vita è totalmente e profondamente coinvolta, se c’è un vero rapporto personale con Dio allora non può non avvenire che io mi lamenti con Dio e che qualche volta mi lamenti di Dio.
Vorrei dire che di fronte al versetto del Salmo 73 “Dio è buono con i retti e con i puri di cuore” noi dobbiamo, possiamo dire: ma è proprio vero? Capita proprio così? Non sembra invece, da quanto vediamo quando ci giriamo intorno che accada il contrario? Che ad andar bene sono i prepotenti, sono coloro che utilizzano la violenza, coloro che arraffano…?: E queste cose non c’entrano nella preghiera? E come se c’entrano!
I Salmi, proprio perché sono parola ispirata, sono Parola di Dio che ci è regalata perché la facciamo diventare parola nostra da rivolgere di nuovo a Dio, da restituire a Dio per parlare con Lui, i Salmi si fanno interpreti di questa situazione, si fanno interpreti delle reazioni umane, vere e autentiche, di fronte a questa situazione: e ci fanno domandare:è proprio vero che Dio è buono con i retti di cuore e con i puri? Non sembra invece che accada il contrario?
Anche Gesù, il Figlio di Dio, il giusto condannato ingiustamente, lo sconfitto che risorge, lo sconfitto che salva, che redime, sulla croce grida, rivolto al Padre: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? ».
La lamentazione (il lamentarsi, il chiedere conto a Dio “perché mi hai abbandonato?”) diventa supplica: “salvami, ascoltami, rispondimi, perché mi dimentichi? perché sei lontano? perché mi hai abbandonato?”
E’ molto confortante percepire che non si offende Dio rivolgendogli queste suppliche, queste invocazioni. Dio, il destinatario, viene riconosciuto con titoli splendidi: “mia forza, mia roccia, mia fortezza, mio salvatore, mia difesa, mio scudo, mio baluardo”.
L’aspirazione, la speranza e la fede che la preghiera dei Salmi suggerisce, ci rende capaci di percorrere un itinerario, di avere una visione molto concreta, molto solida, molto realista della condizione umana, che non fa cadere nella disperazione, ma che si apre invece alla speranza in quell’Amore che “con mano potente e braccio disteso solleva su ali d’aquila” quel niente che siamo noi, e ci porta là dove è Lui.
Uniti nella preghiera, vi saluto con affetto.
+ Alceste Catella

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