UNA PASSIONE CHE DONA SPERANZA
Dedicarsi agli altri, non vivere accartocciati su noi stessi, capaci di relazioni, comunicando valori

giovedì 17 settembre 2009

CASALE – La relazione di Paola Bignardi ha fortemente toccato l’uditorio alla seconda giornata del Convegno Pastorale per la profondità della analisi e la vibrante serie di proposte che ne sono scaturite.
Ha introdotto con la presentazione di alcune figure educative, un po’ comuni a tutte le esperienze: insegnanti, catechisti, sacerdoti, le cui caratteristiche sono l’umanità, la capacità di relazione, la espressione di ideali forti.
Ha proseguito parlando della crisi dei processi educativi tradizionali, poi ha proposto da dove cominciare (passione e vocazione), infine ha dato un profilo dell’educatore del nostro tempo.
Ha osservato che oggi educare si è fatto più difficile, perché sono andate in crisi le più importanti istituzioni educative scuola, famiglia e comunità cristiana.
In alcuni casi la scuola ha rinunciato ad educare; la famiglia ha perso la fiducia di indirizzo e ha la crisi dell’esercizio di autorità. Dà cose, ma non regole e l’indirizzo con proposte e prospettive.
La comunità cristiana ha perso la fiducia nella relazione, ha scambiato la relazione con l’esercizio di tante attività. Così è scesa dall’educazione all’animazione, con animatori che non sono ancora educatori.
In generale –osserva Paola Bignardi- l’educazione è andata in crisi perché è andato in crisi il senso della fiducia nella vita.
C’è una fatica di vivere da parte degli adulti. Non solo stanchi, ma svuotati, aridi, vuoti interiormente. Così va in crisi il senso del valore della persona.
Non tutto è così problematico –osserva Paola Bignardi- e la crisi ha acceso il faro sull’educazione.
Da dove ricominciare? Dalla passione e dalla vocazione.
Ci vuole passione, perché i ragazzi ci stanno a cuore. Passione significa dedicarsi agli altri, non vivere accartocciati su noi stessi.
Quali le motivazioni? Educando sperimentiamo la bellezza che l’altro cresce nella libertà e diventiamo testimoni di storie straordinarie di umanità.
In questa gratuità assoluta, dedicandoci agli altri diventiamo più adulti noi stessi e vediamo crescere, aiutato da noi, il futuro e la novità.
L’educatore accompagna i ragazzi a staccarsi da lui e a diventare protagonisti.
Essere educatori richiede una vocazione, ha bisogno di un’adeguata educazione, di un tirocinio. Non basta l’intuizione, ci vuole la consapevolezza.
Un identikit dell’educatore: ama la vita, e ne presenta il volto bello di una umanità realizzata. E’ capace di relazioni, comunica valori, pensieri, ideali, orientamenti di vita, crea dei legami.
Non teme di esercitare l’autorità. Questa parola deriva da un verbo: “far crescere”.
L’autorità appartiene al fatto educativo. Spiegando, motivando, ma agendo responsabilmente.
L’educatore non è un solitario ma è l’espressione della comunità come sostegno e come inviante. E’ un mandato, ma non vuole una delega in bianco.
Inoltre l’educatore sa costruire alleanze con la scuola, la famiglia, l’oratorio.
Per essere educatori non bisogna essere individualisti, ma avere la sapienza di saper tessere tutte le alleanze possibili.
Infine, l’educatore è capace di pazienza, perché la speranza conosce la promessa.
In conclusione, la comunità cristiana è tra i soggetti più forti. Ha carte buone e carte credibili. Dobbiamo interrogarci come ripensare l’educazione e come venire incontro agli altri soggetti più deboli.
Ha segnalato un bel libro sull’educatore: «La messa dell’uomo disarmato» di Luisito Bianchi, edito da Sironi.
Molti gli interventi, con puntuali risposte.
Il Vescovo ha espresso il vivo grazie alla on. Bignardi, che in maniera limpida ha presentato la situazione in modo realistico, andando al largo.

(p.b. - © "La Vita Casalese" di giovedì 17 settembre 2009)

0 commenti:

 
MONS. ALCESTE CATELLA - by Templates para novo blogger - Version 2.0 by pablocanateam