IL PUNTO SULLE UNITA' PASTORALI
Il Vescovo Catella anticipa le linee del programma pastorale 2009-10

giovedì 2 luglio 2009

L’Intrumentum laboris «Per avviare il cammino verso la costituzione delle Unità Pastorali» elaborato da mons. vescovo è stato trasmesso ai membri dell’Équipe per le UP istituita il 25 gennaio c.a., ai diaconi permanenti, alle assistenti pastorali, ai presbiteri ordinati negli ultimi 15 anni ed incontratisi a Bose il 16 aprile. Non solo. In apposite riunioni, i vicari foranei l’hanno portato a conoscenza dei presbiteri del loro Vicariato. L’Équipe si è già riunita, pressoché al gran completo, tre volte (9 marzo, 20 aprile e 4 giugno). In occasione della seconda riunione, i vicari foranei di Casale, Cerrina, Moncalvo, Vignale e San Salvatore hanno presentato un abbozzo scritto di articolazione dei loro Vicariati in UP mentre altri vicari foranei (Frassineto, Montiglio, Oltrepo e Brusasco) hanno, sempre per iscritto, sostenuto l’utilità di configurare in UP l’intero loro Vicariato. In occasione della terza riunione (4 giugno), tutti i vicari foranei nonchè altri membri dell’Équipe hanno offerto per iscritto le loro risposte ai seguenti quesiti: 
1) Quali ambiti della pastorale lasciare alla Parrocchia e quali trasferire all’UP?; 
2) Quale valore attribuire alle decisioni dell’Équipe di UP? Valore vincolante?; 
3) Quali criteri seguire per l’individuazione del Presbitero Moderatore?; 
4) Chi inserire nell’Équipe di UP?; 
5) Cosa fare per dare un’adeguata formazione ai laici e così metterli in condizione di divenire veramente co-elaboratori, veramente corresponsabili? 
Diversi presbiteri ed alcune assistenti pastorali hanno fatto pervenire le loro osservazioni scritte. 

Il 25 marzo, giornata sacerdotale, don Giovanni Villata, dell’Arcidiocesi di Torino, ha tenuto un’interessante riflessione sulle UP. Sul secondo numero di quest’anno della rivista diocesana è stata pubblicata una sintesi dell’Instrumentum laboris. Tale sintesi è stata inviata ai membri dei 2 Consigli – Presbiterale e Pastorale Diocesano – in vista dell’odierna discussione. A detti membri sono stati sottoposti anche i quesiti poc’anzi enunciati con l’aggiunta del seguente: «Pensi che l’articolazione o la trasformazione del Tuo Vicariato in UP possa favorire una pastorale meglio capace di rispondere alle numerose e complesse sfide della società contemporanea?». 

In occasione della Messa del crisma (9 aprile) è stato diffuso un sussidio da distribuire ai fedeli e so che alcuni presbiteri già lo hanno fatto. A partire dall’autunno del c.a. mons. vescovo ed il delegato vescovile per la pastorale andranno nei Vicariati e per illustrare progetto e abbozzo di articolazione in UP e per raccogliere le relative osservazioni: le riunioni, adeguatamente preparate attraverso una capillare informazione, dovranno essere aperte a tutti. Che io sappia, fin’ora nessuno, né verbalmente né per iscritto, si è dichiarato contrario alla prospettiva delle UP. Non pochi hanno però avanzato dubbi, perplessità, riserve. Sei le ragioni fondamentali addotte:

La fatica a comprendere l’utilità di articolare i Vicariati in UP con la conseguente domanda: non sarebbe meglio impegnarsi a realizzare a livello di Vicariato – eventualmente ridefinito nei confini – le dinamiche proprie dell’UP e così farlo finalmente funzionare anziché spendere tempo ed energie per costituire una realtà – l’UP – che rischia di essere semplicemente un Vicariato ridimensionato ed avente gli stessi problemi degli attuali Vicariati? E ancora: lasciare in piedi la struttura vicariale laddove il Vicariato si articolerà in UP è cosa buona oppure si avrebbe una moltiplicazione di strutture organizzative che finirebbe per appesantire l’azione pastorale?
Il campanilismo, a volte veramente esasperato, che contraddistingue non poche delle nostre comunità parrocchiali, campanilismo che ha radici antiche e che spesso è stato alimentato, per motivi economici, da non pochi presbiteri.
La difficoltà di molti presbiteri a collaborare tra di loro. Più puntualmente e se ho capito bene: non fa problema la collaborazione che si esaurisce nella richiesta di aiuto per la celebrazione di Messe o del sacramento della riconciliazione e nello svolgimento di periodiche e a volte poco produttive riunioni. A fare problema è la collaborazione intesa come coelaborazione di una pastorale unitaria nei vari settori della vita ecclesiale. Questo tipo di collaborazione, a cui – parlo di noi presbiteri – non siamo stati educati nè siamo abituati, ci fa paura perchè importa il mettersi in discussione, perché importa l’abbandonare protagonismi ed autoreferenzialità, perché importa un dialogo possibile solo se ci si libera da pretese veritative su persone, programmi e progetti, perché importa il superamento della diffidenza e del timore del confronto, perché importa uno sguardo di misericordia su se stessi e sui propri fratelli nel presbiterato, perché importa rimboccarsi le maniche in misura maggiore ed in termini qualitativamente diversi rispetto a quanto alcuni di noi, e parlo innanzitutto per me, abitualmente fanno.
La fatica di alcuni presbiteri ad accettare laici che non si limitino ad occuparsi delle strutture e a fare da sacrestani ma che, forti delle loro esperienze esistenziali, si dispongano a concorrere nell’elaborazione ed attuazione di cammini pastorali capaci di rispondere alle numerose e complesse sfide della società contemporanea: il contesto secolarizzato e la rottura della comunicazione fra le generazioni che ha reso problematica la traditio fidei, la frammentazione che disorienta e rende difficile il consenso intorno ai valori.
La preoccupazione di alcuni presbiteri di essere non dico costretti ma caldamente invitati a spostarsi di Parrocchia.
La difficoltà di individuare, soprattutto al di fuori dei soliti noti, persone disposte ad affrontare l’impegno di corsi di formazione per operatori pastorali, condizione fondamentale per non continuare ad essere meri esecutori e divenire invece veri e propri coelaboratori o financo referenti pastorali laddove non c’è il presbitero residente (come ben sapete, nella nostra Diocesi esiste ormai da molti anni la figura dell’assistente pastorale, provvidenziale intuizione del vescovo Carlo Cavalla).
Comunione per la missione, missione per la comunione: è questa l’ecclesiologia voluta dal Vaticano II, è questa l’ecclesiologia che ci aiuta a crescere come uomini, come cristiani, laici o presbiteri. Questo spiega perché il nostro vescovo ama ripetere che se anche non ci fosse scarsità di clero egli non desisterebbe dal cercare di realizzarla. Ecco, è di questa ecclesiologia che le UP intendono essere strumento, uno strumento sempre da verificare per correggere ciò che, cammin facendo, si rivelerà errato o quanto meno inadeguato e comunque tenendo sempre fermo un principio più volte ribadito sempre dal nostro vescovo: l’articolazione degli attuali Vicariati in UP avverrà sola là dove detta articolazione risulterà utile per una più efficace azione pastorale e cioè a dire per un’azione pastorale capace di accompagnare ogni persona in tutti gli ambiti della sua vita e non solo nei momenti del nascere e del morire. Se, vincendo le molteplici paure che ci portiamo dentro, ci avventureremo con serenità lungo questa strada che oggi lo Spirito suggerisce alla Chiesa, scopriremo, forse con nostra stessa meraviglia, che a volte i sogni possono diventare realtà. Domando e chiudo: ma noi sogniamo ancora? Spero di sì, lo spero per voi ma innanzitutto lo spero per me.
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(don Giampio Devasini © "La Vita Casalese" di giovedì 02 luglio 2009)

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